Nonostante le calunnie, i raggiri e la repressione da parte del governo Samarás (ND-Pasok), nonostante le ingerenze della Commissione europea e del governo tedesco nel decorso della campagna elettorale, la Coalizione della sinistra radicale (Syriza)è data come vincitrice alle elezioni politiche greche del prossimo 25 gennaio scorso.
Le entrate dello Stato erano già scemate per via dell’evasione dei gruppi capitalisti (gli armatori, ad esempio, non pagavano praticamente nessuna tassa e della cupidigia del clero (la Chiesa cristiana ortodossa non paga tasse sul patrimonio, mentre è di fatto il maggior proprietario fondiario del paese, possiede gran parte dei quartieri più prestigiosi delle città turistiche ed è azionaria della Banca nazionale greca).
La recessione ha ulteriormente diminuito l’introito fiscale. Così lo Stato si è indebitato maggiormente sul mercato finanziario internazionale, ma si è sempre più imbattuto nella reticenza dei creditori (banche compagnie di assicurazione, fondi pensionistici) ormai diffidenti per via dell’entità del debito pubblico e della crisi economica. Di conseguenza, nell’aprile del 2010 la Grecia è stata costretta a ricorrere all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale (IMF), l’ente finanziario comune alle potenze mondiali sempre dominate dagli Stati Uniti. Sin dal mese di maggio 2010, lo Stato greco ricevette così complessivamente 227 miliardi di euro di prestiti dal Fondo europeo di stabilità finanziario e dall’IMF. In cambio, la borghesia greca dovette rinunciare al sogno di diventare la potenza regionale e subire l’umiliazione dell’ingerenza della Troika (EEC, Banca centrale europea, IMF).
Il patrimonio nazionale (incluse le imprese pubbliche) è stato svenduto ai grandi gruppi imperialisti (tra cui quelli cinesi). I popi sono rimasti a carico dello Stato e l’apparato repressivo è stato risparmiato. Il governo precedente aveva persino appena aumentato gli stipendi di poliziotti e giudici. L’esercito come la polizia continuano ad acquistare attrezzature presso i gruppi dell’industria di armamento francesi, americani, tedeschi e belgi. Stando ai criteri europei, le forze di polizia, si rivelano particolarmente brutali. L’esercito continua a far pesare sulla vita politica la minaccia di un golpe. Insieme col clero, esso aizza lo sciovinismo e alimenta le tensioni colla vicina Turchia.
Col pretesto delle pretese avanzate dalla «troika», i governi dei due principali partiti borghesi ND e PASOK, separatamente o in blocco, hanno, da 7 anni a questa parte, sacrificato le spese sociali a scapito degli ospedali e della scuola. Gli effetti deleteri sulla popolazione lavoratrice sono venuti ad aggiungersi quelli ella disoccupazione massiccia (il tasso ufficiale di disoccupati è del 27,6%). La classe operaia si è così ritrovata super-sfruttata e impoverita. Gli stipendi sono diminuiti del 38%, le pensioni del 44%, il tasso di suicidi è aumentato del 44% in 4 anni.
I vertici sindacali (Adedy, Gsee, Pame) hanno moltiplicato le « giornate d’azione » senza efficacia nello scopo di impedire lo sciopero generale onde proteggere il capitalismo greco, coll’appoggio dei partiti riformisti (Syriza, KKE, Dimar) e dei gruppi centristi.
La Sinistra democratica (Dimar) è favore di alleanze colla Syriza come anche coi Verdi e col PASOK, un partito nazionalista borghese membro dell’Internazionale «socialista». La Dimar ha perfino partecipato dal giugno 2012 al giugno 2013 al governo borghese e anti-operaio di Samarás colla ND e il PASOK.
Sin dall’inizio della crisi economica e politica, il Partito comunista greco (KKE) è intento a creare una forsennata divisione nelle file dei lavoratori e degli studenti : crea scissioni nelle centrali sindacali a favore della propria frazione (PAME) la quale organizza manifestazioni separate. Anche se rivendica l’obiettivo del socialismo, lo situa in un futuro lontano. Il suo sedicente socialismo si limita alla proprietà statale dei mezzi di produzione, e per giunta nel solo ambito delle ristrette frontiere della Grecia.
La tutela della Troika scadrà nella prossima primavera, a prescindere da chi sarà allora al governo. Pochi sono gli economisti che ritengono che lo Stato greco sarà mai in grado di rimborsare la totalità dei prestiti contratti (318 miliardi di euro, ossia il 175% del prodotto interno lordo). La Syriza aveva già fatto un passo indietro prima ancora di accedere al governo dato che una parte del consenso da essa riscosso era dovuto al suo programma del 2012, quando essa rivendicava l’azzeramento unilaterale della totalità del debito. Ora, come si vede, ritiene invece che una quota del debito dovrà essere pagata dai lavoratori greci.
Il resto del programma avanzato da Alexis Tsipras a dicembre poggia su «quattro pilastri». Per affrontare la crisi umanitaria, il governo prevede di sovvenzionare i prodotti alimentari base per le famiglie povere (ossia solo 300.000 di loro), le cure mediche per i disoccupati privi di assicurazione. Per rilanciare la crescita, esso propone di sopprimere la tassa fondiaria dei piccoli possidenti, di alzare la soglia della tassa sul reddito dei singoli contribuenti, e di creare una banca per l’investimento (a fianco del tradizionale sistema bancario. Per quanto riguarda l’occupazione, si propone di sospendere le misure avverse al diritto del lavoro, di ristabilire il salario minimo a quota 751 euro mensili, di creare posti di lavoro. Insomma,si tratterebbe così di rafforzare la democrazia tramite nuove leggi, però senza cessare di finanziare il clero, senza sciogliere gli organi di repressione, senza armare il popolo.
La Syriza intende dunque riformare il capitalismo greco, mettendosi alla testa dello Stato borghese senza chiamare in causa la proprietà privata dei mezzi di produzione né espropriare il grande capitale e la Chiesa e rimanendo nella NATO. Vero è che molte delle misure annunciate sono progressiste e se verranno effettivamente messe in atto, si meriteranno l’appoggio dei lavoratori. Ma non è affatto sicuro che vengano mai varate quando il capitale e le sue bande armate, siano esse legali o fasciste, si faranno minacciose. L’esempio dell’UP nel Cile del 1973 oppure dell’Unione della Sinistra nella Francia del 1982 insegnano che i riformisti sono soliti capitolare di fronte alla propria classe dominante.
Numerose correnti centriste (tra cui la «4a Internazionale» legata al NPA francese) non nascondono il proprio entusiasmo di fronte ai sondaggi. Secondo loro, basterebbe che i lavoratori, dopo le elezioni, si mobilitassero per sostenere la politica della Syriza e spingerla nel senso giusto.
Per la rottura delle organizzazioni operaie colla borghesia Nessuna lavoratrice, nessun lavoratore può sostenere i partiti borghesi (Pasok, ND, To Potami, Alba dorata XA…) ; se essa /esso vuole vuole votare, può farlo solo per i candidati del movimento operaio (Dimar, Syriza, KKE, Antarsya, OKDE-EP, EEK).
Se la Syriza e il KKE rompessero colla propria borghesia e colle borghesie europee, susciterebbero un’ondata di entusiasmo della classe operaia in Grecia e molto al di là di quel paese. Ma questi partiti operai borghesi preparano solo nuove delusioni e accrescono così il rischio di un golpe militare e fascista.
Per andare verso il socialismo, bisogna dar vita a un partito operaio rivoluzionario che affronti la classe dominante e l’imperialismo, unitamente colla costruzione di un’internazionale comunista.
Azzeramento del la debito pubblico! Espropriazione delle banche e delle grosse imprese!
Ritiro dalla NATO! Scioglimento di esercito e polizia! Armamento del popolo contro polizia e fascisti! Diritti démocratici per i soldati di leva!
Separazione di Chiesa e Stato!
Unità tra lavoratori greci e immigrati! Comitati che raggrupino tutti i lavoratori nelle imprese, le pubbliche amministrazioni, i quartieri, i paesi di provincia, le università, per il controllo operaio e popolare!
Governo operaio e contadino! Stati Uniti socialisti d’Europa, Turchia inclusa!
Uno degli anelli deboli dell’Unione europea
Nessuna nazione è sfuggita alla crisi capitalista mondiale del 2007-2009 ; però, ognuna ne ha subito gli effetti in modo diverso. La Greci aveva registrato una crescita economica notevole (il PIL era aumentato mediamente del 4% per anno) sin dalla sua adesione all’Unione europea nel 1981 à (EEC) voluta dalle borghesie imperialiste tedesca e francese. Nel 2007, apparse invece come il suo anello più debole. Il capitalismo greco versò in una vera e propria depressione, pagata a caro prezzo dal lavoratori delle città e delle campagne (in particolar modo nelle loro componenti giovanile e immigrata).Le entrate dello Stato erano già scemate per via dell’evasione dei gruppi capitalisti (gli armatori, ad esempio, non pagavano praticamente nessuna tassa e della cupidigia del clero (la Chiesa cristiana ortodossa non paga tasse sul patrimonio, mentre è di fatto il maggior proprietario fondiario del paese, possiede gran parte dei quartieri più prestigiosi delle città turistiche ed è azionaria della Banca nazionale greca).
La recessione ha ulteriormente diminuito l’introito fiscale. Così lo Stato si è indebitato maggiormente sul mercato finanziario internazionale, ma si è sempre più imbattuto nella reticenza dei creditori (banche compagnie di assicurazione, fondi pensionistici) ormai diffidenti per via dell’entità del debito pubblico e della crisi economica. Di conseguenza, nell’aprile del 2010 la Grecia è stata costretta a ricorrere all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale (IMF), l’ente finanziario comune alle potenze mondiali sempre dominate dagli Stati Uniti. Sin dal mese di maggio 2010, lo Stato greco ricevette così complessivamente 227 miliardi di euro di prestiti dal Fondo europeo di stabilità finanziario e dall’IMF. In cambio, la borghesia greca dovette rinunciare al sogno di diventare la potenza regionale e subire l’umiliazione dell’ingerenza della Troika (EEC, Banca centrale europea, IMF).
La preservazione dei profitti dei gruppi capitalisti
I prestiti dell’EEC e dell’IMF sono confluiti nelle tasche dei gruppi finanziari in due modi : il rimborso dei debiti e il pagamento degli interessi ai creditori internazionali, la ri-capitalizzazione delle banche greche.Il patrimonio nazionale (incluse le imprese pubbliche) è stato svenduto ai grandi gruppi imperialisti (tra cui quelli cinesi). I popi sono rimasti a carico dello Stato e l’apparato repressivo è stato risparmiato. Il governo precedente aveva persino appena aumentato gli stipendi di poliziotti e giudici. L’esercito come la polizia continuano ad acquistare attrezzature presso i gruppi dell’industria di armamento francesi, americani, tedeschi e belgi. Stando ai criteri europei, le forze di polizia, si rivelano particolarmente brutali. L’esercito continua a far pesare sulla vita politica la minaccia di un golpe. Insieme col clero, esso aizza lo sciovinismo e alimenta le tensioni colla vicina Turchia.
Col pretesto delle pretese avanzate dalla «troika», i governi dei due principali partiti borghesi ND e PASOK, separatamente o in blocco, hanno, da 7 anni a questa parte, sacrificato le spese sociali a scapito degli ospedali e della scuola. Gli effetti deleteri sulla popolazione lavoratrice sono venuti ad aggiungersi quelli ella disoccupazione massiccia (il tasso ufficiale di disoccupati è del 27,6%). La classe operaia si è così ritrovata super-sfruttata e impoverita. Gli stipendi sono diminuiti del 38%, le pensioni del 44%, il tasso di suicidi è aumentato del 44% in 4 anni.
I tentativi di diversione : 4 elezioni politiche, 32 giornate d’azione
Finora il malcontento della popolazione è stato arginato tramite le elezioni organizzate dalla classe dominante (settembre 2007, ottobre 2009, maggio 2012, giugno 2012)e la politica delle burocrazie operaio. L’assommarsi della crisi capitalista, dell’umiliazione nazionale e dell’incapacità delle organizzazioni operaie di massa di difendere le conquiste sociali, di lottare contro i governi del PSAOK o di ND, di aprire una prospettiva rivoluzionaria ha agevolato la crescita dei partiti fascisti : Laos e soprattutto XA (Alba dorata).I vertici sindacali (Adedy, Gsee, Pame) hanno moltiplicato le « giornate d’azione » senza efficacia nello scopo di impedire lo sciopero generale onde proteggere il capitalismo greco, coll’appoggio dei partiti riformisti (Syriza, KKE, Dimar) e dei gruppi centristi.
Un segno del potenziale a tale fine è stato l’intensificarsi delle lotte sociali in Grecia alla fine dello scorso anno, mentre incombeva la crisi politica-in particolar modo il primo sciopero generale indetto dalle principali organizzazioni sindacali da sette mesi. (ISO Stati Uniti, Socialist Worker, 13 gennaio 2015)
Ogni vittoria è sorta dalla lotta dei lavoratori-in particolare 32 scioperi generali. Fare in modo che si prosegua tale andazzo sarà la chiave che consentirà di concretizzare la speranza promessa da Syriza. (SWP Gran Bretagna, Socialist Worker, 13 gennaio 2015)
Tale mutamento politico è il frutto della resistenza sociale agli attacchi delle classi dominanti e dell’EU. Quasi 30 giornate di sciopero nazionale… (QI, Inprecor, gennaio 2015)La Syriza, il KKE e la Dimar sono sorti dallo stalinismo che ha disarmato la rivoluzione greca quando l’esercito britannico intervenne per salvare il capitalismo e il suo stato nel 1944. Nessuna di queste organizzazioni è riuscita a superare l’eredità dello stalinismo (il «socialismo in un solo paese», il sinistrismo, la collaborazione di classe colla borghesia …).
La Sinistra democratica (Dimar) è favore di alleanze colla Syriza come anche coi Verdi e col PASOK, un partito nazionalista borghese membro dell’Internazionale «socialista». La Dimar ha perfino partecipato dal giugno 2012 al giugno 2013 al governo borghese e anti-operaio di Samarás colla ND e il PASOK.
Sin dall’inizio della crisi economica e politica, il Partito comunista greco (KKE) è intento a creare una forsennata divisione nelle file dei lavoratori e degli studenti : crea scissioni nelle centrali sindacali a favore della propria frazione (PAME) la quale organizza manifestazioni separate. Anche se rivendica l’obiettivo del socialismo, lo situa in un futuro lontano. Il suo sedicente socialismo si limita alla proprietà statale dei mezzi di produzione, e per giunta nel solo ambito delle ristrette frontiere della Grecia.
Le pericolose illusioni seminate da Syriza
La maggioranza relativa dei voti basterebbe ad assicurare una maggioranza alla Syriza. Essa chiede una «conferenza sul debito europeo» coll’obiettivo di ridurre dei due terzi il debito greco. Nel frattempo, chiede una «moratoria» sul servizio del debito (rimborsi giunti a scadenza, pagamento degli interessi. Chiede altresì che vengano detratte alcune spese statali (come quella dovuta alla ri-capitalizzazione delle banche)dal disavanzo pubblico.La tutela della Troika scadrà nella prossima primavera, a prescindere da chi sarà allora al governo. Pochi sono gli economisti che ritengono che lo Stato greco sarà mai in grado di rimborsare la totalità dei prestiti contratti (318 miliardi di euro, ossia il 175% del prodotto interno lordo). La Syriza aveva già fatto un passo indietro prima ancora di accedere al governo dato che una parte del consenso da essa riscosso era dovuto al suo programma del 2012, quando essa rivendicava l’azzeramento unilaterale della totalità del debito. Ora, come si vede, ritiene invece che una quota del debito dovrà essere pagata dai lavoratori greci.
Il resto del programma avanzato da Alexis Tsipras a dicembre poggia su «quattro pilastri». Per affrontare la crisi umanitaria, il governo prevede di sovvenzionare i prodotti alimentari base per le famiglie povere (ossia solo 300.000 di loro), le cure mediche per i disoccupati privi di assicurazione. Per rilanciare la crescita, esso propone di sopprimere la tassa fondiaria dei piccoli possidenti, di alzare la soglia della tassa sul reddito dei singoli contribuenti, e di creare una banca per l’investimento (a fianco del tradizionale sistema bancario. Per quanto riguarda l’occupazione, si propone di sospendere le misure avverse al diritto del lavoro, di ristabilire il salario minimo a quota 751 euro mensili, di creare posti di lavoro. Insomma,si tratterebbe così di rafforzare la democrazia tramite nuove leggi, però senza cessare di finanziare il clero, senza sciogliere gli organi di repressione, senza armare il popolo.
La Syriza intende dunque riformare il capitalismo greco, mettendosi alla testa dello Stato borghese senza chiamare in causa la proprietà privata dei mezzi di produzione né espropriare il grande capitale e la Chiesa e rimanendo nella NATO. Vero è che molte delle misure annunciate sono progressiste e se verranno effettivamente messe in atto, si meriteranno l’appoggio dei lavoratori. Ma non è affatto sicuro che vengano mai varate quando il capitale e le sue bande armate, siano esse legali o fasciste, si faranno minacciose. L’esempio dell’UP nel Cile del 1973 oppure dell’Unione della Sinistra nella Francia del 1982 insegnano che i riformisti sono soliti capitolare di fronte alla propria classe dominante.
Numerose correnti centriste (tra cui la «4a Internazionale» legata al NPA francese) non nascondono il proprio entusiasmo di fronte ai sondaggi. Secondo loro, basterebbe che i lavoratori, dopo le elezioni, si mobilitassero per sostenere la politica della Syriza e spingerla nel senso giusto.
Alle politiche del 25 gennaio, una sconfitta clamorosa dei partiti di destra e una vittoria di Syriza potrebbero fare cambiare marcia alla lotta contro le politiche dell’austerità in tutta l’Europa. (QI, Inprecor, gennaio 2015)
Le poste in gioco sono alte— ecco perché SYRIZA e la classe operaia greca hanno bisogno della solidarietà in tutta l’Europa e nel mondo intero per resistere alla bancocrazia e farla finalmente finita coll’incubo dell’austerità. (ISO, Socialist Worker, Stati Uniti, 6 gennaio 2015)In Francia, il 19 gennaio, i Verdi (EELV), il Partito di Sinistra (PdG) e il PCF hanno organizzato un comizio di solidarietà con Syriza. Il partito borghese ecologista EELV fino a tempi recenti partecipava al governo Hollande, anche quando detto governo diminuì le pensioni dei lavoratori e qaundo intervenne nel Mali. Il PCF e il fondatore del PdG fecero parte del governo Jospin che privatizzò a tutta forza e partecipò alla guerra della NATO contro la Serbia. Sempre in quel paese, il sostegno del partito fascitoide FN alla Syriza, per altro molto imbarazzata da tale appoggio, dimostra che il programma di quest’ultima è rispettoso del capitalismo.
Per la rottura delle organizzazioni operaie colla borghesia Nessuna lavoratrice, nessun lavoratore può sostenere i partiti borghesi (Pasok, ND, To Potami, Alba dorata XA…) ; se essa /esso vuole vuole votare, può farlo solo per i candidati del movimento operaio (Dimar, Syriza, KKE, Antarsya, OKDE-EP, EEK).
Se la Syriza e il KKE rompessero colla propria borghesia e colle borghesie europee, susciterebbero un’ondata di entusiasmo della classe operaia in Grecia e molto al di là di quel paese. Ma questi partiti operai borghesi preparano solo nuove delusioni e accrescono così il rischio di un golpe militare e fascista.
Per andare verso il socialismo, bisogna dar vita a un partito operaio rivoluzionario che affronti la classe dominante e l’imperialismo, unitamente colla costruzione di un’internazionale comunista.
Azzeramento del la debito pubblico! Espropriazione delle banche e delle grosse imprese!
Ritiro dalla NATO! Scioglimento di esercito e polizia! Armamento del popolo contro polizia e fascisti! Diritti démocratici per i soldati di leva!
Separazione di Chiesa e Stato!
Unità tra lavoratori greci e immigrati! Comitati che raggrupino tutti i lavoratori nelle imprese, le pubbliche amministrazioni, i quartieri, i paesi di provincia, le università, per il controllo operaio e popolare!
Governo operaio e contadino! Stati Uniti socialisti d’Europa, Turchia inclusa!